domenica 18 aprile 2021

LA taglia della moda EGL

 E' raro trovare risorse sulla moda EGL senza incappare in qualche articolo, video o post sull'argomento delle taglie (*o dellA tagliA). 

Prima, un piccolo caveat su chi scrive e il percorso che ha fatto.
La questione dell'inclusività di questa moda alternativa mi è sempre sembrata annosa, un ginepraio nel quale è meglio non addentrarsi. Tuttavia, negli anni ho raffinato la mia opinione a riguardo, passando dall'essere una purista elitaria a una persona più accogliente e ragionevole. Per questo, innanzitutto mi sento di poter comprendere le richieste di entrambe le campane all'interno del discorso, senza condonare l'odio gratuito che lo permea. Poi, sento anche un certo dovere morale che mi porta a voler verbalizzare la mia posizione, dopo anni di militanza nella fazione opposta. Non cerco redenzione da nessuno se non da me stessa, dal momento che non ho mai dato voce alle mie stupidaggini: grazie al cielo, ho avuto il buon senso di tenere per me le mie ottuse, vetuste e illogiche idee su quale fosse il futuro della moda EGL.

Ho disegnato per scaricare la tensione di scrivere questo post

Dunque, grazie agli anni e all'esperienza accumulata, proverò a segmentare il problema e infine, a rispondere alla domanda:

non mi riguarda direttamente, perché deve interessarmi?

Negli ultimi 5 anni, la maggior parte dei brand lolita si è adattata all'idea che più tipi di persone potessero vestire la moda, e chi non l'ha fatto è perito. Infatti, RIP Victorian Maiden [nemmeno per sempre, dato che si sono rimessi in gioco tramite Wunderwelt]
Però, non è sempre stato così. Ricordo il 2009, quando scorrevo l'online shop di Mary Magdalene, metro da sarta alla mano, misurando ossessivamente quello che credevo essere il mio punto vita (*) e battendo i piedi ogni volta che leggevo waist 64-68cm. La maggior parte degli abiti era taglia unica, 82 cm di petto x 68 cm di vita, per una lunghezza fra i 75 e i 95 cm. La zip invisibile a lato del corpetto era il più grande incubo dell'esistenza collettiva delle lolita di tutto il mondo. Solo Bodyline e qualche modello di Baby the Stars Shine Bright avevano shirring, ovvero il pannello elastico sulla schiena, in modo da vestire uno spettro più ampio di taglie. Sembrava un miraggio vederlo sul retro degli abiti. Per non parlare delle camicie, alle quali ci si era tutti rassegnati: le spalle sarebbero sempre state troppo strette, creando quell'effetto "orecchia" sopra la manica. Nessuna manica elasticizzata sarebbe stata clemente con le nostre braccia, quindi si andava di forbici ad aprire la via per accogliere braccia che non avessero lo spessore di una cannuccia.
Nessuno aveva scampo, non importa di che peso e altezza si parlasse. La moda EGL era una nicchia in tutti i sensi e sembrava accogliere solo corpi minuti. L'immediata reazione di chi si trovava a dover lottare con un pezzo di stoffa delle dimensioni di un fazzoletto da naso era quella di decidere di dimagrire. Spero che nessuno, mai più, si lasci instillare un tale livello di odio contro se stesso da dei vestiti, dentro e fuori la moda EGL. Purtroppo, però, ci siamo passati tutti, ed è con massimo orrore che ricordo quella fase di Livejournal e di Tumblr.
Personalmente, dimagrire non mi ha mai aiutato a entrare nei miei drem dresses.
(*) Ho realizzato solo molti anni dopo che parlare di punto vita negli abiti lolita è fuorviante. Nessun vestito mi cade sul punto vita, nemmeno le camicie. Quello che gli shop online chiamano waist è su di me la settima-ottava costola, e quindi più prossimo ad avere la circonferenza del mio sottoseno che della mia vita. Da adolescente esultavo, pensando che ero proprio fortunata ad avere un punto vita di 72 cm, e ordinavo JSK convintissima che mi sarebbero calzati a pennello, proprio come a Misako!
Sì... e s a t t o F r a n c e s c a ☺💧 Essendo alta 174 cm, nessun abito mi avrebbe mai vestito come vestiva le modelle ufficiali dei brand. Ho raggiunto questa consapevolezza solo anni dopo, e adesso non compro più modelli pre-2012 e old school, nonostante sia il mio periodo preferito. Mi rivolgo ai re-release e ai nuovi lanci più moderni, più inclusivi.

Ma... lo sono davvero?

Come ho detto, mi trovo a essere una persona privilegiata, perché nonostante le mie difficoltà relative all'altezza e alla conseguente, inevitabile proporzione delle mie misure rispetto a essa, resto una persona normopeso. Rientro fra le persone che beneficiano dei recenti cambiamenti della moda, ma riconosco che una grandissima quantità di corpi resta ancora tagliata fuori da questo movimento.
Facciamo una cernita dei soliti noti e di come hanno cercato di adattarsi al mercato internazionale.
Di tutti i brand giapponesi che avrei potuto immaginare nel ruolo, abbiamo visto Metamorphose Temps de Fille guidare le innovazioni inclusive con la sua linea plus size, di grande successo. Innocent World ha introdotto da molti anni ben due taglie, M e L, che comunque mantengono pochi centimetri di differenza l'una dall'altra. Baby e Alice and the Pirates hanno eletto il back shirring come panacea di tutti i mali, ed è già qualcosa. Anche Angelic Pretty e Atelier Pierrot hanno stretto amicizia con il concetto di elastico. Restano proibitive le taglie uniche di Victorian Maiden (o di quel che resta di loro), Juliette et Justine, Emily Temple Cute, e molti altri indie brand nipponici. I baluardi del gothic come Sheglit e Moi Meme Moitie cercano di ovviare al problema creando delle taglie (come 9, 11 e 13, inspiegabilmente) che comunque tracciano una linea dura su quelle che per noi sono le taglie 44 e 46. Restano gli occasionali lanci di abiti full shirring, ovvero con intero corpetto elasticizzato, ma non è detto che tutti corrano a gettare denaro per il costume dell'omino Michelin.
Quindi, a una superficiale occhiata, sembra che il fronte giapponese abbia appena messo mano al problema, senza abbracciare interamente le richieste del suo pubblico pagante. E qui parliamo di un preconcetto infondato molto diffuso: non c'è domanda per abiti plus size.

Ai sostenitori di questa teoria, propongo di scorrere qualche pagina di gruppi Facebook come Rufflechat o Closet of Frills, cercare qualche blog internazionale, spulciare i post sotto l'hashtag #plussizelolita. Dopo aver trovato una caterva di persone di tutte le taglie che seguono e indossano la moda, andate a cercare i brand che vestono. Scoprirete che la maggior parte delle persone si rivolge a Taobao, oltre a continuare ad acquistare da brand giapponesi, spendendo cifre extra per modificare gli abiti.
Vestire lolita ed essere plus size non sono realtà discordanti. La domanda per abiti più inclusivi è enorme, da parte di tutti i tipi di persone. Perché, anche se non si è parte della categoria plus size, farebbe piacere poter indossare gli abiti nei quali si è investito anche quando il peso fluttua, o quando si è gonfi dopo pranzo, o quando si vuole respirare quel litro di ossigeno in più, giusto per non stramazzare a terra e realizzare il sogno di essere sepolti nel proprio dream dress 💀

Alla luce di questo, viene da chiedersi perché il cambiamento di rotta rispetto all'inclusività non sia più svelto, perché non ci si sta muovendo agilmente verso un futuro in cui tutti possono partecipare davvero a questa moda alternativa.
Personalmente, mi sono data le seguenti risposte. La prima ha origine dal presupposto stesso: trattandosi di una moda di nicchia, che riscuote meno successo nel suo Paese di origine di quanto non ne riscuota all'estero, aspettarsi cambiamenti celeri è forse da illusi. Poi, perché parte della domanda, ovvero del denaro, sta già andando nelle tasche dei brand cinesi su Taobao, in grado di realizzare abiti su misura a prezzi a dir poco concorreziali. Infine, una frazione delle persone escluse dai brand ufficiali EGL, la parte con maggiore capacità di acquisto, si rivolge al fiorente settore dell'indie europeo o americano.
Sono attualmente in affari moltissimi brand alternativi, gestiti da occidentali e ispirati alla moda lolita, che nascono sia per introdurre novità nel design, che per vestire una clientela più varia. Brand come Lady Sloth, per esempio, hanno fatto dell'inclusività il loro cavallo di battaglia. Altri designer come Lilith et Adalia creano su misura o direttamente modelli plus size e devo dire che da fastidiosa purista quale sono, i loro modelli mi fanno mangiare le mani, sono splendidi. Per non parlare di sarte su commissione, come Sweet Mildred e Moravind, che operano principalmente su Etsy, ma anche tramite Instagram e siti personali.

Insomma, sembra che Capitalismo-san e Globalizzazione-kun abbiano fatto qualcosa di buono, per una volta: tutti trovano un servizio che si confà alle loro esigenze. Resta soltanto un po' di amaro in bocca, sapendo che gli originali rivenditori dello stile, the OG's in the game, restano ai margini di questo quadro. Ad esempio, non so se e cosa aspettarmi da brand come Moi Meme Moitie: ha arrancato per anni, chiuso negozi fisici ed è quasi perito del tutto, rialzando la testa solo nel 2019 tramite una campagna di pubblicità e... puro nonsense sui social. Non so se le circonstanze che li hanno portati a sopravvivere permettano loro di espandere l'inventario, aggiungendo abiti plus size o linee dedicate come ha fatto Meta.
Tuttavia, mi rifiuto di garantire a questi business il beneficio del dubbio, o un grammo di compassione, dal momento che i tempi sono cambiati, da tempo. Il 2012 è finito da un po', e se vogliamo mantenere la moda attiva, energica e innovativa, bisogna includere tutti i volenterosi di partecipare. E qui si conclude il mio discorso: persino i grassofobici possono riconoscersi in questa causa, se guardano la questione con una vena di egoismo.

Non è un'argomentazione ideale da perseguire, ma può risultare convincente coi più scettici. Vuoi vedere la moda lolita prosperare, crescere, innovarsi e passare alle prossime generazioni? Allora, devi permettere a quante più persone di poterla sperimentare, con i loro mezzi e le loro intenzioni.
Concludiamo con l'analisi dell'idea di lusso, che spesso si cita quando si vuole tenere lontano persone che non piacciono. Lusso inteso come concetto in senso lato: qualcosa di inavvicinabile, che comunica status, che genera senso di invidia in chi lo osserva e grazia beata in chi lo vive.
Perpetrare l'idea che la moda EGL sia un lusso può sembrare innocuo, ma contiene in sé tutte le barriere e le etichette che escludono un'enorme quantità di persone da essa. Se vestirsi lolita è un lusso, solo i facoltosi possono farlo. Per estensione, solo i facoltosi con molto tempo a disposizione. Ancora, solo i facoltosi, con molto tempo a disposizione e un corpo adatto. Si va anche oltre: solo facoltosi, con molto tempo libero, un corpo minuto e un'immagine favorevole alla pubblicità della moda. Insomma, se deve veramente essere un lusso, allora solo Misako può permetterselo. Allora, quittiamo tutti, perché né io né chiunque stia leggendo è degno dei fasti di questa irraggiungibile moda.

Un lungo volo pindarico per dirvi che escludere persone dalla moda per via del loro corpo, implicitamente, a lungo termine, significa escludere anche voi.
Non è elitismo, è malcelata discriminazione, con una punta di auto celebrazione perché si presume di non appartenere alla categoria che si sta antagonizzando. E' un sentimento basso e vile. Più basso di un paio di tea party usate di Bodyline.


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